La tematica proposta: Ragazze, mamme, nonne: la conciliazione tra lavoro in casa e fuori casa delle donne a te vicine nel territorio in cui abiti, in un mercato del lavoro in continua trasformazione.
Più di 150 interviste fatte a mamme, nonne, sorelle, zie, vicine di casa, interviste che fotografano la realtà lavorativa in casa e fuori casa delle donne che ciascun ragazzo e ragazza frequenta nella sua quotidianità. Questo è uno dei risultati del lavoro di indagine e ricerca svolto da una ventina di classi degli istituti comprensivi del territorio che va da Martignacco e Pagnacco, passando per Fagagna e San Daniele, Talmassons e Lestizza e che hanno partecipato alla quarta edizione del Premio Paola Schiratti, da poco conclusosi (v. sezione Lavoro della scuole e Vincitori in questo sito).
Il tema dell’indagine riguardava la conciliazione tra lavoro in casa e fuori casa, uno degli annosi problemi, per cui tutte le statistiche danno l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi dell’UE (allegato n. 1). Infatti tutti gli studi confermano che le donne italiane sono tra quelle che hanno maggiori difficoltà a conciliare l’attività lavorativa esterna alle mura domestiche con il lavoro di cura dei figli, della casa e spesso anche di familiari anziani, che a volte ricade su di loro in modo esclusivo. Per non parlare del tempo da dedicare a se stesse e ai propri interessi, che sembrano diventare spesso sogni irrealizzabili.
Ma tutto questo accade anche nelle nostre comunità? La risposta che emerge dall’indagine svolta nel territorio – di piccole dimensioni, ma analizzato in maniera capillare – è inequivocabilmente affermativa. Non solo: emerge in maniera evidente come molte donne siano uscite dal mercato del lavoro (in particolare dopo la seconda maternità), per rientrarvi spesso in un’età non più utile per riprendere la carriera auspicata. Un altro dato emerso in maniera evidente dalle interviste è la mancanza di sostegno alla maternità e alla genitorialità: la presenza del nido per l’infanzia per la fascia 0-3 risulta praticamente inesistente, per cui il welfare è gestito a livello familiare con tutte le difficoltà che questo comporta. E spesso questa fase si prolunga anche negli anni successivi della crescita dei figli, a volte fino all’adolescenza, per l’inadeguatezza del tempo scuola e per la necessità delle mamme di fare da tassiste tra attività varie in assenza di mezzi di trasporto pubblici o di un sistema organizzato (alcune società sportive a parte).
Anche per quanto riguarda il gap salariale tra uomo e donna la fotografia del territorio coincide con quella dei dati nazionali del Nord Italia: il rientro tardivo nel mercato del lavoro delle mamme si porta dietro retribuzioni più basse e percorsi di carriera spesso ormai preclusi che incidono sugli stipendi e poi sulle pensioni, quindi sugli standard di vita delle donne.
Molte e varie le domande che i ragazzi e le ragazze hanno posto alle donne loro vicine, riuscendo anche a intercettare cambiamenti e novità sul tema del lavoro, settore in veloce e profonda trasformazione negli anni della pandemia e del post pandemia. Però questi cambiamenti continuano a non incidere neppure da noi sul gap lavorativo tra maschi e femmine, come attestato anche dai recenti dati ISTAT (https://www.istat.it/donne-uomini/bloc-2b.html).
Ma ci sono anche buone notizie, notate soprattutto dalle classi che hanno lavorato con le interviste sull’evoluzione diacronica del fenomeno, mettendo a confronto percorsi di formazione, oltre a quelli lavorativi: le bisnonne e le nonne hanno spesso dovuto lasciare gli studi per aiutare economicamente con il loro lavoro la famiglia di origine, mentre le nipoti non hanno dovuto fare questa scelta, per cui si nota una aumentata possibilità di scelta nel corso degli anni, che non sempre va di pari passo però con la consapevolezza dell’acquisizione di questi diritti. Anche questo è un obiettivo del Premio: indagare la realtà per essere consapevoli dei cambiamenti in atto o da mettere in atto.
Anche il clima culturale rispetto alle figure femminili in famiglia risulta molto modificato: pregiudizi ce ne sono sempre, e la cronaca ce li racconta ogni giorno, ma risultano in forte diminuzione. E anche gli stereotipi culturali sono in regresso, sebbene il linguaggio quotidiano non sempre risulta adeguarsi a nuove e più eque realtà. Ma anche in questo caso è spesso un problema di consapevolezza.
Ecco: stereotipi, pregiudizi, sogni e aspirazioni hanno avuto molto spazio nelle indagini dei giovani ricercatori e ricercatrici. In particolare molto interessante è risultato il lavoro su questo aspetto della Scuola secondaria di 1° di Martignacco, che ha indagato sul gap tra sogni e bisogni delle tre generazioni di donne, aprendo la ricerca ad un settore che oggi anche gli studiosi di storia di genere stanno indagando: il divario tra la percezione di sè delle ragazze (si pensi alla necessità di rinforzare le STEAM nei percorsi di istruzione e formazione delle bambine e delle ragazze) e la realizzazione o meno, tra difficoltà reali o anche autocensure, delle loro aspirazioni. Qui si apre un settore di ricerca interessante, quello che forse contiene anche la maggior parte delle risposte relative alla tematica di indagine proposta e che merita di essere approfondito.
Questo è stato anche il parere espresso dalla prof.ssa Irene Barbiera, che è intervenuta sia in fase di formazione docente sia in fase conclusiva dei lavori, per un breve quadro di sintesi. Professoressa associata in Demografia presso l’Università di Padova, Barbiera si occupa anche di demografia storica e storia di genere e nel suo intervento ha evidenziato come tutte le classi hanno applicato un metodo rigoroso che permette di confrontare i dati delle classi e di utilizzarli anche in ambito scientifico.
Ma questa edizione del Premio verrà ricordata anche per le interviste emerse in una sezione che è stata appena aperta: quella dedicata ai percorsi di formazione ed educazione per adulti e adulte. A questa sezione hanno partecipato tre sedi associate del CPIA di Udine con interviste a donne con background migratorio di varia provenienza e/o interviste di non italofoni a donne italiane. In questa occasione italiane e straniere, che frequentano percorsi di alfabetizzazione, hanno avuto l’occasione di raccontare le loro esperienze lavorative, di mettere a confronto diversi approcci culturali al lavoro femminile, in un vero e ricco confronto interculturale. Le video-interviste in particolare raccontano e mettono a confronto realtà e situazioni di grande interesse, una fotografia che riguarda soprattutto giovani donne che si stanno immettendo nel tessuto sociale di questo territorio, portando con sè un bagaglio culturale sfaccettato e diversificato da condividere.
Lo scopo, ma anche la difficoltà ora, sta nel far diventare tutto ciò patrimonio comune; infatti, in un’ottica sociale, lo strumento dell’intervista orale serve a raccogliere materiale sulla storia delle donne, mettendo al centro non solo tematiche legate alla loro vita, ma anche proponendo un punto di vista che ne faccia emergere la problematicità femminile specifica. E soprattutto con l’idea che le bambine e le ragazze diventino consapevoli artefici del proprio destino. In un’ottica storica, invece, l’attuale situazione si presenta dinamica e irripetibile. Risulta quindi doveroso registrare queste novità, affinché l’analisi futura di quest’epoca possa disporre di materiali efficaci anche nell’ottica della storia di genere, che fa ancora fatica ad affermarsi, nonostante molte università abbiano ormai al loro interno percorsi di gender studies.
Il sito dell’ Associazione raccoglie i risultati di tutte queste ricerche, ma la domanda è: come saranno gli archivi di domani? Su quali fonti si scriverà la storiografia? Ci sarà più spazio per la storia delle donne? Noi cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo, perseguendo l’obiettivo n. 5 dell’Agenda 2023 dell’ONU (allegato n. 2) al fine di creare cittadine e cittadini consapevoli delle problematiche femminili presenti sul proprio territorio e della necessità di intervenire su più livelli per creare quelle condizioni di equità che, in molti casi, sono ancora un miraggio (allegato 3) e che invece i nostri giovani ricercatori e ricercatrici hanno perfettamente colto nei loro lavori.