Questa è stata l’introduzione alla serata culturale in sala Picco (locandina a fianco) , presso le Opere Parrocchiali dei Rizzi, che si è tenuta ieri sera all’interno della Fieste dai Borgs, con una folta partecipazione di pubblico attento e partecipe. Il racconto delle esperienze maturate in diversi periodi di permanenza, a favore delle bambine e delle donne in zone svantaggiate dell’Africa e dell’America latina da parte delle volontarie di “Ascoltiamo le voci che chiamano” e dei volontari di “Fons”, è stato di forte impatto emotivo.  Alla fine, il confronto con la questione di genere in Occidente ha aperto il dibattito su aspetti e paradigmi culturali che ancora ostacolano il pieno riconoscimento delle pari opportunità tra uomo e donna.

«Quando si apre un discorso sulle donne, un qualsiasi discorso sulla condizione del genere femminile sul pianeta terra con un occhio alla storia passata e a  quella presente, è come navigare sul mare in mezzo agli iceberg. Ne vedi affiorare la punta e pensi di conoscere la dimensione del problema che hai davanti.
Ma la difficoltà nella navigazione in realtà è data dalla grandezza del sommerso, di ciò che spesso non si vede e che, quando compare all’improvviso nella sua enormità,   rischia di speronare o far affondare la nave. Uso questa metafora per dire che quando noi affrontiamo la questione della condizione delle donne, per la complessità dei problemi, per la stratificazione dei nodi irrisolti, noi cogliamo solo la punta del fenomeno. Questa consapevolezza deve farci aprire la mente e lasciare da parte stereotipi e pregiudizi che ognuno di noi si porta dentro, talora anche a nostra insaputa. E’ dunque più che mai indispensabile azzerare ciò che si dà per scontato, per metterci nella disposizione d’animo di esplorare quali meccanismi e quali istituzioni compiono l’opera di riproduzione dell’”eterno maschile”e chiederci se è possibile neutralizzarli per liberare le forze di un cambiamento che continuano ad ostacolare.
L’approccio alla questione può essere di taglio scientifico, oppure  storico, oppure antropologico, o sociologico, o psicologico, o economico o sessuale o di costume e così via , in una molteplicità di letture ed analisi che, nella loro eterogeneità, convergono tuttavia nella sostanza delle ricerche, ovvero i divari da colmare.
Cosa intendo per divari da colmare? In parole più semplici : le disuguaglianze di genere, ossia tra donne e uomini,  ovvero un fenomeno globale che in modalità e percentuali diverse, a seconda della latitudine in cui le donne vivono, e del livello di progresso e benessere economico tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo o addirittura poveri del mondo, tocca tutte le donne del pianeta.
Mai come ora la sfida dell’umanità avviene attorno alla differenza femminile, al  corpo delle donne che diventa luogo e simbolo di ogni conflitto e disuguaglianza. Infatti, possono essere trasversali al Nord e al sud del mondo i corpi oggettivati sessualmente dalla mercificazione, dal fanatismo, dalla guerra, dal femminicidio, dalla maternità, dalla moda, dal potere, dall’arte, dai mass media. Dati e ricerche descrivono uno scenario di indubbi progressi ma anche di ingiustificabili ritardi sulla strada della cultura delle Pari Opportunità tra uomo e donna, che fonda l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne sulla convenzione di Pechino (1995). Questa convenzione rappresenta il principale testo giuridicamente vincolante sui diritti delle donne e la Piattaforma d’Azione approvata dalla Conferenza di Pechino è il testo politico più rilevante e tuttora più consultato dalle donne di tutto il mondo.
A questo testo hanno fatto seguito le successive disposizioni della Convenzione di Istanbul – il “primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza”(2011) che l’Italia ha ratificato nel maggio 2013. Questa convenzione è fondamentale per due motivi: il primo perché  è il primo trattato internazionale a contenere una definizione di genere che viene definito come “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”. Il secondo motivo: perché stabilisce quali sono i delitti caratterizzati da violenza contro le donne e ne elenca i reati: la violenza psicologica (art 33); gli atti persecutori- stalking (art.34); la violenza fisica (art 35); la violenza sessuale, compreso lo stupro (art36); il matrimonio forzato (art. 37); le mutilazioni sessuali femminili (art 38): l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata (art. 39); le molestie sessuali (art. 40).
Si può comprendere quanto il tema sia complesso ed apra a discussioni e dibattiti che non intendiamo affrontare in questa serata. Ma proprio ai fini di una riflessione che ci accompagni anche quando si uscirà da questa sala, proviamo a selezionare almeno tre criteri che si prestino al confronto delle condizioni tra le donne del Sud e del Nord del mondo. Propongo di ascoltare e seguire il racconto dei nostri amici secondo tre filoni: l’accesso all’istruzione, al lavoro, alla salute delle bambine e delle donne.  Questo ci darà modo di restringere il campo del confronto e di concentrare la nostra attenzione sui divari da colmare di cui abbiamo parlato all’inizio».

Questa è stata l’introduzione alla serata culturale in sala Picco , presso le Opere Parrocchiali dei Rizzi, che si è tenuta ieri sera all’interno della Fieste dai borgs, con una folta partecipazione di pubblico attento e partecipe. Il racconto delle esperienze maturate in diversi periodi di permanenza, a favore delle bambine e delle donne in zone svantaggiate dell’Africa e dell’America latina da parte delle volontarie di “Ascoltiamo le voci che chiamano” e dei volontari di “Fons”, è stato di forte impatto emotivo. Il confronto con la questione di genere in Occidente ha aperto il dibattito su aspetti e paradigmi culturali che ancora ostacolano il pieno riconoscimento delle pari opportunità.