La gente dice:” la vita continua” e magari ha ragione. E’ possibile che non si possa vivere nella continua consapevolezza di cinquanta milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale a meno di non impazzire. E tuttavia ci sono momenti in cui trovo altrettanto folle che solo pochi decenni dopo si possa fare come se quella montagna di cadaveri non ci fosse stata”. Queste parole di Simon Wiesenthal esprimono molto bene il significato del Giorno della memoria , proclamato ufficialmente dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 1 novembre 2005, in occasione dei 60 anni dalla liberazione dei campi di concentramento. Il 27 gennaio del 1945 è infatti il giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz da parte della 60esima armata dell’esercito sovietico ed è diventata una data che col tempo ha assunto il significato simbolico della fine della persecuzione del popolo ebraico.

In realtà l’Italia ha anticipato di 5 anni (nel 2000) la risoluzione dell’ONU con una legge che prevede l’organizzazione di cerimonie, incontri ed eventi commemorativi e di riflessione non solo sulla shoah, ma anche sulle leggi razziali approvate sotto il fascismo, e su tutti gli italiani e le italiane, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e anche di tutti coloro che in qualsiasi modo si sono opposti , spesso rischiando la vita, alle atrocità del nazifascismo.

La parrocchia di S.Pio X di Udine anche quest’anno ha organizzato due appuntamenti, per la serata del 26 e per la domenica 28 gennaio, nei quali il prof.Elio Varutti parlerà de “ I luoghi e i segni della shoah a Udine sud e la sottoscritta di “Memoria storica versus nativi digitali: missione impossibile?”

I due momenti sono stati inseriti nel programma di commemorazione organizzato dall’Assessorato alla cultura del Comune di Udine. E’ quindi con soddisfazione ma anche con tanta nostalgia per Paola che le luci si accenderanno ancora sul progetto “Una disubbidienza civile. Le donne friulane di fronte all’8 settembre 1943” da lei ideato e coordinato assieme alle rappresentanti di tante associazioni femminili che dal 2011 al 2013 collaborarono per questa ricerca storica che salda un debito di riconoscenza alle tante donne friulane modello di virtù civili sempre più rare.