Non ho conosciuto Nadia Orlando, anche se conosco i suoi genitori visto che questo delitto colpisce la famiglia di una comunità dalla quale originariamente provengo. Vidulis è una comunità estremamente coesa il cui il sistema di valori è basato sul lavoro, sulla solidarietà e reciprocità, in cui uno sguardo, una stretta di mano e la parola data valgono più di qualsiasi contratto. E Nadia era il frutto, e in friulano bambino/figlio si dice frut, era figlia di questa comunità. Le fotografie ritraggono una ragazza dallo sguardo intelligente, sorridente, una ragazza serena che, evidentemente, aveva trovato il suo posto nella comunità di appartenenza e nella società. Nadia era sicuramente una grande lavoratrice, perché l’appartenenza implica impegno, responsabilità, determinazione, valori ben saldi a Vidulis rispetto ad un mondo le cui società sono definite liquide e in cui, a parer mio, anche i valori sono divenuti liquidi, scivolosi e spesso inconsistenti, le fragilità sono aumentate e il confronto è sempre più difficile.
A Vidulis è accaduto l’inimmaginabile: Francesco, il fidanzato di Nadia, secondo la stampa accolto in casa dai genitori come un figlio, la uccide.
Come accade in questi casi, la vita di queste persone, prima sconosciute, improvvisamente entra nella nostra e la pervade perché subentra un processo di identificazione, perché la storia di questi due fidanzati non potrebbe essere, in fondo, la storia dei nostri figli ?
E’ indubbio che il confronto tra gli individui è diventato difficile, ma se a questo aggiungiamo le differenze di genere, non possiamo sottovalutare l’impatto che la riproposizione di arcaiche relazioni di potere dell’uomo sulla donna produce in contesti completamente cambiati. Se è vero che i valori al pari della società sono diventati liquidi, è anche vero che ci dobbiamo attrezzare in modo diverso e che abbiamo il dovere di fornire ai ragazzi gli strumenti emotivi per fare in modo che la fragilità dell’uomo a confronto con la forza della donna non si risolva con la  violenza e nei casi più estremi con la morte.
La sfida è culturale, credo sia necessario avviare una riflessione che investa tutta la società civile, le Associazioni, la Commissione Regionale Pari Opportunità, l’Ufficio Scolastico Regionale, le Scuole, il Prefetto, la Polizia e in sostanza tutti i soggetti istituzionali preposti al contrasto della violenza sulle donne e alla tutela loro e dei loro figli. E’ arrivato il momento di porre in essere azioni concrete e collettive per evitare che si ripetano avvenimenti come questi perché Nadia, come le altre ragazze e donne uccise, voleva vivere, voleva un confronto aperto al mondo, al futuro. Trovo incredibile sfogliare il giornale e in queste occasioni rileggere il lungo elenco delle donne uccise, in casa, fuori casa, sulla porta di casa, da chi diceva di amarle.
Quante donne dovranno ancora morire ?