Sul numero di ieri  del Venerdì de “ La Repubblica”, 7 novembre 2014, a p.33,  leggo un titolo che attira la mia attenzione: “In Argentina spopola la polizza antibullismo” di Matìas Marini , in cui si parla del Paese che ha le scuole più litigiose del modo, dove i genitori, se i figli vanno male a scuola, picchiano i docenti e querelano le scuole se i figli sono tormentati da comportamenti bullisti dei compagni.
La situazione deve essere davvero fuori controllo se l’Argentina “vanta lo strambo privilegio di essere l’unica al mondo ad offrire un’assicurazione del genere, che protegge le scuole querelate…” e se queste polizze stanno andando a ruba!
L’autore afferma:” Il broker titolare della polizza, che pensava di venderla solo l’anno prossimo, ha dovuto anticipare. I direttori di scuola che non possono aspettare o vogliono evitare la bancarotta sono sempre di più: 100mila studenti sono già stati assicurati”.
Rifletto amaramente su come va il mondo e  su come va qui da noi; sulla incongruenza tra dichiarazioni di miglioramento e progetti di riforma scolastica che ogni governo italiano si è sentito in dovere di varare negli ultimi decenni con esiti via via più penalizzanti per gli studenti, le famiglie, per i lavoratori stessi della scuola…Sulla violenza che invade e pervade in modo sempre più capillare ogni ambito della società,  addirittura con le armi come in certe scuole americane  oppure con le parole omofobe, razziste, sessiste che escludono, umiliano, perseguitano come in gran parte del mondo…
Ma il motivo principale per cui quest’articolo ha destato la mia  sorpresa in realtà va ricondotto ad una personale esperienza di lavoro di parecchi anni fa.
Tra il 2001 e il 2002  fui invitata infatti a collaborare con una famosissima casa editrice per la scuola; mi era stato chiesto di scrivere le attività delle Unità Didattiche e i riepiloghi formativi  di “Le regole e l’immaginazione”, una grammatica per il biennio delle scuole superiori.
Appunto per un riepilogo formativo sul “significato”scrissi allora un raccontino che oggi,  alla luce dell’articolo sopracitato, assume una connotazione diversa dal gusto di una  ambientazione fantascientifica che allora mi aveva ispirato.
Ma per capire, ed eventualmente sorridere amaro, è necessario ricopiare quel testo,  che nelle mie intenzioni  doveva rappresentare una metafora paradossale della progressiva scomparsa di un vettore essenziale nella scuola, ossia  l’imprescindibiltà della relazione tra docente e studente, divenuta nel tempo sempre più sbrigativa, sempre meno socialmente  sostenuta e tutelata, a vantaggio di una mediazione informatizzata, di una cultura del “computer è meglio”, che forse può essere efficiente ma che certamente non può sostituirsi all’efficacia di un valido mentore.
Comunque, allora scrissi questo. Il testo si intitola:
“Un gesto d’altri tempi”
“Era il suo ultimo giorno di servizio come Testimone Vivente (ne erano sopravvissuti pochissimi oltre a lei; sull’intero pianeta l’insegnamento di tutte le altre materie di studio avveniva ormai tramite cyber-robot). Era anche una giornata di inizio estate incredibilmente bella. Una ventata d’aria calda carica di profumi e di profonde nostalgie la convinse che una giornata così meritava un omaggio adeguato, un gesto coraggioso. Quindi respirò a fondo, evitò accuratamente il corridoio blindato che conduceva al cubo-cattedra antiproiettile da dove aveva insegnato Paleolingue a generazioni di giovani umani per tutti quegli anni, e oltrepassò la soglia della classe incurante dei divieti. Vide perfettamente, davanti a sé, tutti quegli occhi sbigottiti, spaventati, terrorizzati; sapeva bene che stava infrangendo una delle regole più rispettate dopo il Periodo delle Grandi Violenze e tuttavia –sorridendo dolcemente – continuò ad avanzare  verso di loro con le braccia protese in avanti. Fu proprio quello strano gesto, ma soprattutto quel sorriso così dolce, così scandalosamente….”affettuoso” (il significato di questo termine era stato oggetto proprio dell’ultima lezione) a gettare nello sgomento l’allievo U.Z. 8720, il più vicino a lei, il migliore dell’ultimo corso. Visibilmente sconvolto egli frugò freneticamente nella sua divisa, dove finalmente trovò l’ARMA OBBLIGATORIA prescritta dal Regolamento Interno. Ormai in preda al panico, gridandole di arrestarsi, gliela puntò contro con la mano tramante.
Fu così che, mentre lei stava quasi per abbracciarlo, con un lampo di luce lui la disintegrò.”
Avete avuto pazienza di leggere fin qua? Grazie, non possiamo che augurarci che una volta tanto, la realtà NON superi la fantasia!! Per quanto sembra che in Argentina si anticipi un futuro inquietante….
Daniela Rosa