L’8 aprile scorso, a Martignacco, la nostra associazione ha organizzato una serata contro la violenza sulle donne e i minori, nel convincimento che deve essere fatto un lavoro capillare e costante di informazione e sensibilizzazione sull’argomento. La sala non era affollatissima, forse per altre iniziative concomitanti nel territorio, forse perché piovigginava, forse perché è difficile riconoscere che questo è un problema sociale, non personale di chi poi finisce sulle pagine di cronaca nera del quotidiano locale.  Perfino nei saluti iniziali del Sindaco, peraltro presente per tutta la serata,  e che generosamente ci aveva concesso la sala e il patrocinio all’iniziativa, si era potuto cogliere un passaggio significativo quando ha fatto un convinto riferimento al fatto che il Friuli,  per fortuna, è un territorio ancora sano, esente da questa problematica, perché da noi certi episodi non avvengono!!! Sono assolutamente certa che non ci fosse malafede nelle sue parole  bensì un atteggiamento di rimozione, di rifiuto ad aprire gli occhi sull’entità del fenomeno, perché  ciò obbliga ad una tale rimessa in discussione del proprio ruolo sociale, dei propri stereotipi, ad una nuova presa di coscienza come uomo e come cittadino che non  permette più di chiudere gli occhi sulla realtà.
Non è mia intenzione “personalizzare” il discorso; non intendo muovere accuse a nessuno ma solo descrivere come, da parte degli enti e delle istituzioni preposte, non ci sia una reale presa in carico del fenomeno e la ferma intenzione di contrastarlo nei modi più efficaci che sono quelli della prevenzione sistematica, del riconoscimento dei segnali di rischio  esente da atteggiamenti indulgenti come ancora troppo spesso avviene nell’opinione comune ma anche presso le forze dell’ordine non adeguatamente formate su questo problema sociale. E rimangono ancora di non facile gestione il percorso e l’accompagnamento della donna che ha subito violenza da parte dei servizi sociali che devono interfacciarsi con la parte sanitaria. Il Piano Nazionale contro la violenza sulle donne e i minori del 2015 è un decreto del governo che affronta in modo minuzioso le linee guida per contrastare ogni tipo di violenza contro i soggetti più deboli. Quanti sanno della sua esistenza? Forse nemmeno tutti gli addetti ai lavori.
Il protocollo provinciale antiviolenza  del 2013 , sottoscritto da tutti i soggetti istituzionali preposti alla gestione a seguito del forte impegno di Paola Schiratti che ne ha coordinato le prime fasi organizzative, non riesce ancora a trovare una sua efficace applicazione operativa. Le leggi ci sono ma nessuno si assume la responsabilità di tradurle in realtà di fatto.  L’obiezione più gettonata è che non ci sono soldi, che non ci sono mezzi per nuove assunzioni per cui si lavora ovunque sotto organico, con disservizi di natura individuale (chi è sottoposto a turni  sfiancanti non ha né tempo né voglia di formarsi) sia di natura professionale (nella sanità, nei servizi sociali, nelle forze dell’ordine, nella Giustizia…).
Intanto anche nel mitico Friuli  le donne vengono uccise, e sempre più spesso. Ieri a  Spilimbergo altre due famiglie sono entrate nella statistica agghiacciante dei femminicidi in Italia. Detto così sembra che questo tragico fatto riguardi solo “gli altri”, quelli che appunto finiscono sulle pagine della nera, ma se non accettiamo consapevolmente che gli altri siamo noi, e che questi fatti ci devono riguardare tutti, come uomini e donne, come cittadine e cittadini di una società più giusta e più sana, non ci attiveremo mai per la ridefinizione dei ruoli e dei modelli culturali millenari e dominanti, per l’attivazione di comportamenti ed azioni che colmino le disuguaglianze di genere tuttora praticate. Su questo lo Stato è miope; non stanziare a monte fondi significativi   per il contrasto sistemico alle violenze contro le donne comporta, a valle, miliardi di euro di costi nella gestione del loro impatto socio-sanitario.