La violenza sulle donne c’è sempre stata, fin dagli antichi romani.
Ma è solo negli ultimi anni che pare essere diventata una vera emergenza da combattere…almeno a parole.
Sì perché nella triste realtà invece lo Stato è rimasto piuttosto inerte di fronte a questa vera e propria piaga sociale non avendo predisposto, al di là di qualche provvedimento di natura penale e quindi mirante maggiormente alla fase “del dopo” piuttosto che a quella “del prima”, alcun tipo di misura per interventi  miranti ad una prevenzione del fenomeno, prevenzione basata soprattutto sull’impostazione di una diversa cultura da infondere all’uomo, alla donna, alla società civile.
Intanto continua a dilagare la violenza, di vario tipo, sulle donne.
Un vero danno all’umanità (sì all’umanità!) ed anche – e più cinicamente parlando – un vero danno  all’erario del nostro Stato.
E’ recente infatti una prima indagine condotta a livello nazionale (denominata “quanto costa il silenzio”) che ha calcolato i costi legati al fenomeno della violenza sulle donne e del femminicidio.
Il risultato è tragicamente impressionante: 16,7 miliardi di euro a fronte di un “investimento” di 6 milioni di euro che lo Stato stanzia per contrastare tale fenomeno.
Perché la violenza ad una donna lede anche la sua produttività (stimata in 604 milioni di euro); poi ci sono le spese sanitarie ( 460 milioni di euro), le cure psicologiche (158,7 mil. di euro), i farmaci (44,5 mil. di euro), l’impiego delle forze dell’ordine (235,7 mil. di euro), i costi dell’ordinamento giudiziario (421,3 mil. di euro), le spese legali (290 mil di euro).
Ma soprattutto ci sono i “costi umani e di sofferenza” che ammontano a 14,3 miliardi di euro.
Questa stima considera le conseguenze della vulnerabilità in cui vive il nucleo familiare della donna sottoposta a violenza, l’impatto delle relazioni e la trasmissione della violenza da una generazione all’altra.
Almeno di fronte a tali dati lo Stato, le Istituzioni, dovrebbero riflettere su quanto convenga investire nella prevenzione di  ogni discriminazione di genere, per contrastare ed estirpare alla base un fenomeno sempre più dilagante e sempre più drammatico.

E dopo la riflessione, l’azione.

Per la lettura integrale dell’articolo pubblicato dalla Repubblica si rimanda al link