Qualche giorno fa sul Venerdì di Repubblica è apparso un trafiletto sui concorsi di bellezza per bambine. Il Senato francese ha detto NO: niente più concorsi da Mini Miss Model France per bimbe da 5 a 11 anni e Mini Teen-junior France per ragazzine da 12 ai 17 anni. Creati nel 1989 da Michel Le Parmentier e ora aboliti. La fautrice è stata l’ex ministra di Sarkozy Chantal Jouanno che ha criticato “l’erotizzazione precoce delle bambine”.
Personalmente ritengo molto più pericolosi i concorsi per le dodicenni, età già difficile di per sé e molto più soggetta al rischio di posizioni borderline, dove vengono esaltate qualità non da bambine ma da giovani lolite. Forse quelli per le bambine non sono poi così dannosi per le giovani psiche delle partecipanti. Resta che dipende -come sempre- da come si presentano i fatti e le situazioni alle piccole menti, le quali si trovano inevitabilmente in balia di quello che noi adulti proponiamo. Dipende dai genitori, dal carattere di ognuna, dalla consapevolezza delle bambine, che si forma prima del concorso di bellezza, in anni di educazione, dialogo e confronti con la famiglia. Probabilmente la maggior parte delle 5enni, se non ha una madre particolarmente agguerrita (e frustrata, dico io) alle spalle, vive il concorso come una piccola passerella dove potersi vestire come una principessa; un gioco e niente di più. Quello che mi preoccupa, tuttavia, è ciò che il mini concorso rappresenta per gli adulti, per la società. Non ce ne è bisogno. Le bambine possono giocare alle principesse a casa come hanno fatto per secoli; senza esaltare ulteriormente il mito della principessa e senza dare agli adulti la possibilità di sfruttare nel bene e nel male, e con malizia, le inconsapevoli bambine. La buona notizia è che per ora il provvedimento è passato al Senato francese. Quella cattiva, invece, è che negli USA questi concorsi sono agguerritissimi e palesemente esagerati nelle stesse modalità. In Italia, al solito, ci si pensa, ci si trastulla, si scopiazza, si resta indecisi. Mi sento di ricopiare l’ultima parte dell’articolo: una organizzatrice del concorso italiano ha commentato così: “non ho mai visto un bambino salire sul palco senza che lo voglia. Sono loro a desiderarlo, creda”. La giornalista conclude “ricorda qualcosa? A noi il gioco antico di attribuire alle vittime la responsabilità di ciò che subiscono” (cit. Claudia Arletti).