Era il giorno del suo 88esimo compleanno. Se ne è andata anche Elvia Bergamasco, deportata a 17 anni a Birkenau , nell’estate del 1944, per la delazione di un’altra donna che collaborava coi fascisti. Di lei e della sua vita di giovanissima donna in campo di concentramento non avevo mai saputo nulla fino a quando non me ne fece cenno Iris Bolzicco, nostra socia e  giovanissima protagonista, come altre a quell’epoca, di quelle azioni di umanità e resistenza senz’armi di cui si è raccontato nel libro “Una disubbidienza civile. Le donne friulane di fronte all’8 settembre 1943”. Fu Iris a parlarmene per prima ma in singolare coincidenza di tempi con un‘intervista di Radio 3 ad Elvia, che casualmente  avevo ascoltato, nel corso della quale venni a conoscenza del libro che lei aveva scritto sulla sua deportazione: il “Cielo di cenere – odore di morte”.
Ne rimasi sgomenta e fu proprio Iris a prestarmi  la sua copia  nel corso delle nostre conversazioni…. Me lo diede avvisandomi che non era certa che lo si potesse leggere d’un fiato. E davvero fu così; anzi, peggio … Aspettavo un momento giusto, non quando fossi stanca, non quando ero giù di morale o preoccupata, ma sempre è finita che quel dolore , quella sofferenza, quelle torture mi risultavano inaffrontabili, insopportabili anche quando mi pareva di stare bene, anche se non l’avevo mai conosciuta personalmente, anche se era passato tutto questo tempo, anche se metri e metri di pellicole e documentari ci hanno poi raccontato l’orrore e la malvagia dei campi di sterminio e degli esperimenti che vi si praticavano e di cui anche lei era stata vittima. Dopo la liberazione e il ritorno a casa, i primi tentativi di Elvia Bergamasco  di raccontare, di far sapere  quello che aveva vissuto, si sono subito  conclusi col silenzio. Nell’intervista alla radio – questo mi aveva colpito moltissimo – sentii dalla sua voce rispondere al conduttore “ Cosa vuole, appena tornata io ho provato a dire, a raccontare. Ma mi rispondevano che era impossibile che si fossero fatte queste cose orribili, non volevano credermi, hanno cominciato a dire che ero pazza. Allora, piuttosto che passare per matta, sono stata zitta per tanti, tanti anni.”
Un insegnante del Veronese ha poi, non tanti anni fa, avuto modo di raccogliere i suoi ricordi nel libro citato e,  solo dopo la sua pubblicazione, per Elvia è cominciato un percorso di testimonianza presso i giovani e le scuole di tutta Italia, per raccontare la sua storia e per accompagnare gli studenti a visitare i luoghi dello sterminio nazista. Ora che se ne è andata un’altra delle donne resistenti friulane vittime di una guerra ingiusta e crudele noi esprimiamo alla famiglia il nostro cordoglio e le assicuriamo che avremo sempre a cuore la sua memoria e le sue testimonianze.